Noi purtroppo non siamo ancora un'élite, perché se lo
fossimo sapremmo certamente guidare il nostro popolo sulla via nuova. Per ora
siamo soltanto delle persone che cercano di essere uomini, uomini e donne che
vivono uno stile di vita autentico; ma per essere degli uomini nuovi non basta
credere in determinati valori, è necessario viverli e temprarli nell'agire,
quotidianamente: questa è in parte l'importanza di fare politica. Rivoluzione
non è qualcosa di astratto, che sa di miracolo : è qualcosa che si costruisce
giorno per giorno, pezzo per pezzo, sbagliando e riprovando, anche col
sacrificio personale, anche riuscendo a superare tanti problemi contingenti che
si presentano e che spesso, anche se sembrano tanto grandi ed insormontabili,
se solo li si prova a guardare con un'ottica diversa, risultano delle inezie.
PAOLO DI NELLA
Oltre il silenzio...
per non dimenticare
L'aggressione...
Paolo amava il suo quartiere, e proprio in nome
di questo amore aveva programmato una battaglia per l'esproprio di Villa Chigi,
che voleva far destinare a centro sociale e culturale. Per far partecipare gli
abitanti del quartiere a questa battaglia sociale, il 3 febbraio sarebbe dovuta
cominciare una raccolta firme degli abitanti della zona.
Paolo, impegnato in prima persona nell'iniziativa, aveva dedicato
gran parte della giornata del 2 febbraio ad affiggere manifesti che la
rendevano pubblica. Dopo una breve interruzione, l'affissione riprese alle
22.00. Durante il percorso non ci furono incidenti, anche se Paolo e la
militante che lo accompagnava notarono alcune presenze sospette. Verso le 24.45 Paolo si accingeva ad affiggere manifesti su un cartellone,
situato su uno spartitraffico di Piazza Gondar, di fronte alla fermata Atac del
38. Qui sostavano due ragazzi, apparentemente in attesa dell'autobus (N.B. in
Viale Libia, non esistendo una linea notturna, dopo le 24.00 non passavano
autobus). Non appena Paolo voltò loro le spalle per mettere la colla, si
diressero di corsa verso di lui. Uno di loro lo colpì alla testa. Poi sempre di corsa, fuggirono per Via Lago
Tana. Paolo, ancora stordito per il colpo, si diresse alla macchina, da
dove la ragazza che lo accompagnava aveva assistito impotente a tutta la scena.
Dopo essersi sciacquato ad una fontanella la ferita, ancora abbondantemente
sanguinante, Paolo riportò in sede i manifesti e il secchio di colla. Verso l'1.30, rientrò a casa. I genitori lo sentirono lavarsi i
capelli, muoversi inquieto e lamentarsi. Lo soccorsero chiamando un'ambulanza,
che però arrivò quando ormai Paolo era già in coma. Solo nella tarda mattinata
del giorno dopo, il 3 febbraio (tardi, maledettamente tardi per le sue
condizioni), Paolo venne operato, e gli vennero asportati due ematomi e un
tratto di cranio frantumato.
Le indagini...
Le prime indagini furono condotte con
estrema superficialità dal dirigente della Digos romana incaricato del caso, il
dott. Marchionne. Non ci furono infatti né perquisizioni né fermi di polizia per gli
esponenti dell'Aut.Op. del quartiere Africano. La ragazza che era con Paolo,
unica testimone dell'agguato, venne interrogata dagli inquirenti che, più che
all'accertamento dei fatti, sembravano interessati alla struttura organizzativa
del Fronte della Gioventù e ai nomi dei suoi dirigenti. Tutto per dar corpo,
come avvenne nel '79 per l'omicidio di Francesco Cecchin, all'ignobile
storiella della "faida interna". L'istruttoria sembrò avere una solerte ripresa quando al capezzale di Paolo
arrivò anche l'allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini.
Passato però il momento di risonanza dovuto a questo gesto, tutto sembrò
tornare ad essere chiuso in un cassetto. La sera del 9 febbraio, dopo 7 giorni di coma, la solitaria lotta
di Paolo contro la morte giunge al termine: si spegne alle 20.05. Ai militanti del Fronte della Gioventù che in tutti quei giorni si
erano stretti intorno ad una speranza disperata, vegliando al suo capezzale,
quasi a voler proteggere Paolo e difenderlo come non erano riusciti a fare
quando era vivo, non restò che vegliare il suo corpo. Seguirono giorni di forte
tensione: lo striscione commemorativo affisso a Piazza Gondar venne strappato e
deturpato più volte; sui muri comparvero scritte inneggianti all'assassinio di
Paolo. Il tutto condito da discorsi e commenti disinvolti e gratuiti trasmessi
da radio onda rossa. Dopo il 9 febbraio, finalmente, gli inquirenti si decisero, almeno
apparentemente, a dare concretezza alle indagini. Vennero allora fatte alcune
perquisizioni nelle case dei più noti esponenti dei Collettivi autonomi di
Valmelaina e dell'Africano.
Uno dei massimi sospettati era Corrado Quarra, individuato
perché non nuovo ad aggressioni a ragazzi di destra e molto somigliante all'identikit fornito dalla
testimone.
Dopo aver tentato varie volte di sottrarsi all'incontro con i
magistrati, comportamento che non fece altro che confermare i sospetti su di
lui, venne emanato a suo carico un ordine di arresto per concorso in omicidio
volontario, eseguito per caso la notte del 1 agosto '83. In un confronto
all'americana Daniela, la ragazza che era con Paolo quella notte, lo riconobbe
come colui che materialmente colpì Paolo. In conseguenza dell'avvenuto
riconoscimento il fermo di polizia a suo carico divenne ordine di cattura per
concorso in omicidio volontario aggravato da futili motivi. Visti i risultati, si era quasi sicuri ormai di poter arrivare
allo svolgimento del processo e all'individuazione anche del secondo
aggressore. Dopo 3 mesi di silenzio, il 3 novembre la testimone venne
convocata per il secondo riconoscimento. Concentrandosi sulle caratteristiche
somatiche della persona che accompagnava lo sprangatore, Daniela indicò il secondo
presunto aggressore. A questo punto si rivelò il tranello in cui era caduta: il giovane
da lei riconosciuto non era l'indiziato (Luca Baldassarre anche lui autonomo
dell'Africano) ma un amico da lui appositamente scelto per via della grande
somiglianza. Il giudice istruttore dr. Calabria, che peraltro aveva un figlio
simpatizzante degli ambienti dell'autonomia dell'Africano, disse allora
beffardamente alla ragazza che, se aveva sbagliato il secondo riconoscimento
poteva aver sbagliato anche il primo. Discorso preparatorio finalizzato a
facilitare la scarcerazione di Quarra, che avvenne, con
proscioglimento da tutte le accuse, il 28/12/1983. Questo avvenimento, che
segnò la fine delle indagini sull'omicidio di Paolo, passò sotto silenzio. Se
ne avrà infatti notizia solo il 30/05/1984, grazie ad un comunicato stampa del
Fronte della Gioventù.