Friday 7 February 2014

«Mamma, ricorda che non ho pianto»

«Mamma, ricorda che non ho pianto»
Tokyo chiede che vengano inserire nella «Memoria del Mondo», programma dell’Unesco. La Cina è sdegnata
PECHINO - Le ultime lettere dei piloti kamikaze che alla fine della Seconda guerra mondiale si lanciarono con i loro aerei contro le navi della flotta Usa e alleata dovrebbero entrare nella Memoria del Mondo, il programma che registra le testimonianze di valori universali e fa capo all’Unesco, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura. Almeno questa è la richiesta partita dalla città giapponese di Minami-Kyushu, dove venivano addestrati i giovani piloti votati alla morte.
«CARA MAMMA» Le autorità locali hanno inviato all’Unesco 333 lettere di kamikaze, scritte prima dell’ultima missione. Eccone un brano: «Cara mamma, non ho quasi niente da dire ora. Sto partendo per la mia missione con il sorriso e il tuo volto in mente. Ti prego, ricorda che non ho pianto e rammenta di fare le offerte votive in mia memoria». L’autore aveva 19 anni, si chiamava Fujio Wakamatsu. La sua lettera, fa parte di una raccolta conservata nel Museo della Pace Chiran di Minami-Kyushu. Il sindaco della città giapponese dice che il riconoscimento da parte dell’Unesco servirebbe a ricordare alla gente l’orrore della guerra. La petizione all’Unesco è stata chiamata «Lettere da Chiran». Nel museo situato in una delle ex basi da cui decollavano i piloti della «squadra speciale di attacco», sono raccolti circa 14 mila reperti, tra disegni, poesie e messaggi d’addio, comprese le foto di 1.036 dei 4 mila piloti che partirono per missioni suicide nei mesi finali della guerra nel Pacifico. Il museo Chiran è visitato da circa 700 mila persone ogni anno.

VITTIME DEGLI ORDINI- Il sindaco Kanpei Shimoide ha detto all’ Asahi Shinbun: «Nel 2015 saranno passati settant’anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, includendo nella Memoria del Mondo queste 333 lettere potremmo trasmettere a un numero molto più ampio di persone le vere voci e i sentimenti di quei piloti, che furono vittime della politica bellica del Giappone».
VENTO DIVINO - Kamikaze, tradotto comunemente come vento divino, fu la tattica disperata ordinata dal comando dell’esercito imperiale giapponese nell’ottobre del 1944. Si trattava di bombe volanti, aerei caricati con esplosivo, bombe e siluri che si dovevano lanciare contro le navi alleate. Essendo pilotati avevano una precisione potenziale molto più elevata di un bombardamento. La prima azione della «squadra speciale di attacco» kamikaze fu condotta il 25 ottobre del 1944, durante la battaglia per Leyte, nelle Filippine. Gli apparecchi giapponesi arrivarono a ondate, alla fine furono 55, diversi furono colpiti dalla contraerea, ma molti riuscirono a colpire le unità della flotta d’invasione alleata: 5 furono affondate e 23 gravemente danneggiate. In totale, secondo i registri alleati, fino al termine della guerra i kamikaze giapponesi affondarono 47 navi alleate, tra grandi e piccole.
LA POLEMICA - La richiesta giapponese ha subito suscitato reazioni sdegnate in Asia, in una fase di grandi tensioni per rivendicazioni territoriali da parte cinese, rancori storici di Pechino e Seul nei confronti di Tokyo. L’agenzia cinese China News Services ha scritto: «Di questo passo i giapponesi vorranno che l’Onu onori anche lo Yasuhuni, dove sono seppelliti 14 criminali di guerra. È una vergogna».

fonte: corriere.it