Giorni
difficili per l'Ungheria questi. La nazione magiara infatti è tallonata da
speculazioni finanziarie che rischiano di condurla al fallimento. La scorsa
settimana l’Unione europea ha avviato una procedura d’infrazione nei confronti
del Paese governato da Viktor Orbán.
Quest’ultimo ha avuto nella giornata di
martedì 24 un incontro con José Manuel Barroso, presidente della Commissione
europea, per cercare di appianare le controversie nate dopo l’entrata in vigore
della nuova Costituzione ungherese. Torna utile ricordare che il partito del
presidente Orbàn, FIDESZ ha conquistato i 2/3 del parlamento alle elezioni del
2010. Eppure i governi di difesa nazionale a questa Europa proprio non
piacciono; e questo lo dimostra il tentativo di convincere l'Ungheria a tornare
sui propri passi ricattando il prestito che il presidente ha chiesto alla Banca
Centrale Europea e al Fondo Monetario Internazionale. Pomo della discordia la
nuova Costituzione che prevede, a detta della UE, bavagli alla stampa, la legge
sulla cittadinanza ungherese concessa anche a coloro che vivono al di fuori del
paese (criticata dalla Slovacchia, paese con una forte minoranza magiara) e un
maggiore controllo statale sulla Banca Centrale. Tutte manovre sacrosante in
nome della legittima sovranità nazionale, dunque. Tutto ciò mentre i media
occidentali descrivono pseudo-manifestazioni di ostilità alle politiche del
governo e tacciono invece circa manifestazioni pro-governo, come quella di
sabato 21 durante la quale un gruppo di figure pubbliche - giornalisti,
scrittori, accademici, imprenditori - vicine alle idee del partito di Governo
ha portato avanti quella che è stata definita “marcia della pace per
l’Ungheria”, che ha avuto lo scopo di affermare “il progresso e l’indipendenza”
della nazione magiara. L’adesione è stata gigantesca, la strada che collega la
centralissima piazza degli Eroi al Parlamento si è trasformata in un fitto
fiume di gente (stime parlano di almeno centomila partecipanti). Tantissime le
bandiere ungheresi, ma anche tante le torce accese, le quali, nel buio del
tardo pomeriggio, hanno reso suggestiva l’atmosfera. Tra i partecipanti
anche Szilard Nemeth, sindaco del distretto di Csepel, a Budapest, il quale ha
rivolto un appello al popolo affinché preghi per Orbán, in modo da difenderlo
dagli “attacchi brutali” cui è sottoposto in questo periodo.
Il massiccio corteo di sabato scorso ha convogliato una serie di iniziative
susseguitesi nei giorni precedenti, altrettanto espressive delle istanze di una
larga fetta della popolazione ungherese. Il 14 gennaio, esattamente una
settimana prima del grande raduno di sabato scorso, in strada era invece sceso
il partito JOBBIK, attualmente all’opposizione. L’iniziativa di Jobbik -
caratterizzato da una linea fortemente nazionale e sociale, oltre che contraria
all’Unione europea - ha riscosso un ampio successo, si parla di diverse
migliaia di manifestanti. Dal palco della manifestazione Elod Novak, eletto in
Parlamento tra le file di Jobbik, ha dato alle fiamme una bandiera dell’Unione
europea, gesto seguito alle parole appassionate di un suo compagno di partito,
l’europarlamentare Csanad Szegedi: “Questa settimana l’Ue ha dichiarato guerra
all'Ungheria in modo aperto e violento”. E’ bene ricordare che Jobbik, partito
che i media italiani bollano sbrigativamente come la deriva fascista di un
marginale drappello di squinternati, è il secondo partito d’opposizione in
Ungheria e, nelle elezioni del 2010, ha guadagnato 47 seggi in Parlamento.
Jobbik, ha individuato una strada ben precisa: “La parola torni ai cittadini,
l’Ungheria deve uscire dall’Unione europea”. La grande partecipazione alle
manifestazioni degli ultimi giorni dimostra che Gabor Vona è interprete di un
pensiero molto diffuso tra il popolo magiaro.
Ci rattrista constatare che mentre nell'est del nostro più che mai Vecchio
Continente si risveglia l'orgoglio delle nazioni e del popoli, nel cosiddetto
Occidente e in Italia in particolare assistiamo al fallimento delle politiche
di 60 anni di neo-liberismo. I pochi sommovimenti popolari durano 4 giorni e nel
migliore dei casi vengono repressi coi manganelli dei servi del sistema. Il
poeta Pound scriveva: "I politici sono i camerieri dei banchieri".
Noi siam riusciti a fare meglio, bypassando la seppur morta politica ed
invitando direttamente le Banche e i suoi uomini a sedere in Parlamento. AHI
SERVA ITALIA.